Cassa di Risparmio di Pescia

Toscana, Pescia

data di fondazione21.02.1840
data di fusione1936

La Cassa di Risparmio di Pescia fu istituita con rescritto granducale del 21 febbraio 1840 su iniziativa di un gruppo di 100 privati cittadini che sottoscrissero 113 azioni da 10 scudi toscani ciascuna. In quanto affiliata di prima classe alla Cassa Centrale di Firenze, il capitale iniziale raccolto attraverso le sottoscrizioni fu interamente versato all'istituto fiorentino. Piuttosto singolare il manifesto, pubblicato il 30 ottobre 1840, che annunciava la nuova iniziativa: la Cassa di Risparmio veniva presentata come "una pia istituzione che riguarda unicamente il povero" dove "chi vi presiede è lietissimo di ricevere la moneta di rame, accetta con qualche limitazione quella d'argento, ricusa l'oro quasi fosse un insulto alla santità dello scopo". Intorno al 1880 l'Istituto si affrancò dalla Cassa Centrale di Firenze. Una delle cause che contribuirono alla scelta dell'autonomia fu senza dubbio quella relativa alla beneficenza. Più volte, nel corso degli anni 1860-1870, le affiliate chiesero all'Istituto fiorentino di destinare una parte dei consistenti utili annuali in opere benefiche e di pubblica utilità, ma questo rispose sempre con un rifiuto: l'articolo 22 del regolamento per le affiliate, infatti, prevedeva che potessero essere erogati in generiche "opere di beneficenza" non gli utili, ma gli avanzi e solo dopo che le Casse avessero cessato la propria attività, quindi dopo la loro definitiva liquidazione. Dopo l'affrancamento, oltre i 2/3 delle somme erogate nel XIX secolo dalla Cassa di Pescia andarono a favore del locale ricovero di mendicità Vittorio Emanuele II, opera pia istituita dallo stesso Istituto nel 1885. Per quanto riguarda l'attività bancaria, la Cassa di Risparmio impiegò i propri fondi agendo principalmente nel settore industriale in quanto, pur con un settore agricolo abbastanza florido e redditizio, i 2/3 della popolazione attiva erano impiegati nell'industria manifatturiera, soprattutto nei settori della lavorazione della seta (che occupava circa 900 operai) e della carta (con circa 250 addetti). L'Istituto si adoperò, ad esempio, con prestiti e sovvenzioni speciali per la riapertura della locale fabbrica di cappelli (che avrebbe dato lavoro a circa 100 operai) e concorse nei primi anni del '900 alla costruzione della tramvia elettrica Lucca-Pescia-Monsummano, sottoscrivendo 120 azioni da 500 lire ciascuna. Nel 1936, dopo aver assorbito la Banca di Credito e Risparmio di Montecatini (1932) e la Banca Popolare della Valdinievole (1935), l'Istituto procedette alla fusione con la Cassa di Risparmio di Pistoia, assumendo la nuova denominazione sociale di Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (dal 2012 Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia).

bibliografia

Roberto  Baglioni, Cristina Tuci, Un patrimonio riscoperto. L'Archivio storico della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (1526-1992) , Milano, Intesa Sanpaolo 2017, pp. 34-35.

fonti

- Chiara Caselli (inventario) e Alberto Cipriani (introduzione), L'Archivio storico della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (1488-1938). Inventario con introduzione storica, Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, 2000.

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