Istituto Mobiliare Italiano - IMI
Lazio, Roma
L'Istituto Mobiliare Italiano fu costituito come ente di diritto pubblico con regio decreto legge 13 novembre 1931 n. 1398, convertito poi nella legge 15 dicembre 1932 n. 1581. Nato su iniziativa di Alberto Beneduce in seguito alla crisi dei primi anni '30, che aveva colpito le banche miste e il sistema industriale italiano, l'Istituto ebbe lo scopo "a) di concedere mutui a imprese private di nazionalità italiana contro garanzia di valori mobiliari; b) di assumere partecipazioni azionarie in imprese private di nazionalità italiana" (art. 2). L'Istituto finanziò queste attività attraverso l'emissione di obbligazioni garantite dallo Stato. La prudente azione dell'IMI, sotto la presidenza di Teodoro Mayer, pose di fatto le premesse perché l'IRI - Istituto per la Ricostruzione Industriale, costituito nel gennaio 1933 - potesse prendere in carico il controllo della Banca Commerciale Italiana e del Credito Italiano e assumersi il compito del risanamento finanziario ed economico delle grandi imprese controllate dalle ex banche miste, in vista della loro restituzione all'imprenditoria privata. Nel 1936 il Consorzio per Sovvenzioni su Valori Industriali divenne una sezione speciale dell'IMI. Con l'intensificarsi delle commesse belliche i finanziamenti dell'IMI si concentrarono principalmente sull'industria elettrica, sull'industria pesante, sul trasporto marittimo (grazie all'incorporazione nel 1940 delle attività del disciolto Istituto di Credito Navale) e in minor misura sulle imprese manifatturiere impegnate nelle forniture belliche. Durante i combattimenti in territorio italiano, l'Istituto fu commissariato e diviso in due entità diverse: una nella RSI, diretta da Angelo Tarchi, e l'altra a Roma, sotto la gestione di Paride Formentini prima e di Stefano Siglienti poi, sotto cui l'IMI ritrovò la sua integrità operativa a partire dal dicembre 1945. Con la presidenza Siglienti, l'Istituto fu tra i protagonisti della ricostruzione: il governo, infatti, affidò all'IMI la gestione del Fondo per l'Industria Meccanica (FIM), che permise a questo settore la riconversione della produzione ad uso civile; la gestione del prestito concesso alla Repubblica Italiana dalla Export Import Bank (Eximbank), che richiese l'apertura di un ufficio di rappresentanza a Washington nel 1947 e l'avvio di relazioni di affari con le principali banche statunitensi; la gestione dell'European Recovery Program (ERP) per l'Italia, con riferimento ai macchinari e agli impianti per l'industria e ai servizi di pubblica utilità. Il periodo che va dalla metà degli anni '50 all'inizio degli anni '70, quando finì la presidenza Siglienti, fu caratterizzato dal miracolo italiano, di cui l'IMI fu il maggior singolo finanziatore. In questi anni l'azione dell'Istituto fu caratterizzata anche dal credito all'esportazione, regolamentato dalla legge n. 955 del 22 dicembre 1953, che favorì il successo dell'Italia nei mercati internazionali, e dalla gestione del "Fondo speciale per la ricerca applicata", istituito presso l'IMI con la legge n. 1089 del 25 ottobre 1968. Nel corso degli anni, le difficoltà di finanziare le proprie attività con la sola emissione di obbligazioni garantite dallo Stato, spinsero l'Istituto a cercare il necessario sostegno in una banca di depositi di consistenti dimensioni: tra il 1966 e il 1974, così, venne acquisita la maggioranza del pacchetto azionario della Banca Manusardi & C. di Milano. Le vicende degli anni 1979-1980, che videro le dimissioni di Giorgio Cappon e la presidenza dell'Istituto affidata a Piero Schlesinger, si chiusero con la sistemazione dell'affare IMI-Sir attraverso vari interventi governativi, le dimissioni di Schlesinger e la sua sostituzione nel 1980 con Luigi Arcuti, già direttore generale dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino. Negli anni Ottanta l'IMI riorganizzò la sua attività e conseguentemente le sue strutture interne. Agì come unico concessionario per il fondo per la Ricerca Applicata stanziato dal Governo. La struttura territoriale si componeva di undici sedi regionali, nei maggiori centri italiani. La società SIGE forniva l'intera gamma di servizi di banca di investimento e merchant banking. La rete di consulenti Fideuram curava il contatto con i piccoli risparmiatori e integrava i contatti con il mondo delle piccole e medie imprese. L'IMI era attivo inoltre - attraverso delle controllate - nei servizi di leasing, factoring, credito navale, sviluppo immobiliare e consulenza. All'estero forniva servizi di collocamento, brokeraggio, gestioni di fondi di investimento attraverso le sussidiarie di IMI International a Londra, New York, Francoforte, Lussemburgo, Parigi e Zurigo. Il capitale sottoscritto venne portato da 100 a 3.000 miliardi e il patrimonio netto da meno di 600 ad oltre 3.200 miliardi. Tra il 1993 e il 1995 il Ministero del Tesoro cedette parte del capitale controllato ad alcuni gruppi bancari, mentre nel 1998 si verificò la fusione dell'IMI con l'Istituto Bancario San Paolo di Torino, che portò alla nascita di Sanpaolo-IMI.
personalità di rilievo
Teodoro Mayer
(Trieste, 17 febbraio 1860 - Roma, 7 dicembre 1942)
Primo presidente dell'IMI (1931-1936), Teodoro Mayer nacque a Trieste da una famiglia ebraica: il padre Ladislao originario dall'Ungheria e la madre Zenobia Ascoli di Senigallia. Nel 1873 venne costretto ad abbandonare gli studi per trovare impiego, dimostrando interesse per il settore dell'editoria. Nel 1876 rilevò la proprietà del periodico Il corriere dei francobolli, poi passò nel 1879 a curare il foglio di pubblicità l'Inevitabile, prima di fondare un quotidiano di cronaca locale Il Piccolo di Trieste nel 1881. Nel 1902 acquistò metà del pacchetto azionario dell'Agenzia Stefani, la quale divenne portavoce ufficiale del Governo italiano.
Fece parte del gruppo dirigente del Partito Liberal Nazionale di Felice Venezian, nato per la difesa dell'italianità e della valorizzazione dello statuto di autonomia di Trieste sotto il dominio austriaco. Ricoprì a Trieste anche varie cariche pubbliche fra cui quella di consigliere comunale, tra il 1906 e 1908 e dal 1913 fino al 1915.
Sposò Gilda Ziffer da cui ebbe due figli, Aldo e Marcella. Nel 1902 insieme alla moglie e ai figli fece richiesta per la cancellazione dalla comunità israelitica a Trieste e poi si trasferì a Roma. Nel 1920 entrò a far parte del Consiglio di amministrazione delle Assicurazioni Generali e nello stesso anno fu nominato senatore, carica che mantenne fino all'epurazione. Fu anche presidente del Consiglio superiore delle imposte dirette dove prese posizione a favore di una riforma fiscale.
Nel 1931 venne nominato primo Presidente dell'Istituto Mobiliare Italiano, carica che mantenne fino al marzo 1936, quando gli subentrò Vincenzo Azzolini, allora governatore della Banca d'Italia, per disposizioni della legge bancaria del 1936. Nel 1938 le leggi razziali lo allontanarono da ogni incarico pubblico e lo privarono della proprietà de Il Piccolo. Morì a Roma il 7 dicembre 1942 all'età di 82 anni.
personalità di rilievo
Vincenzo Azzolini
(Napoli, 1881 - Roma, 1967)
Vincenzo Azzolini nacque da una famiglia di antica provenienza; il padre Alfonso era stato dirigente del Banco di Calabria e la madre Maria Carolina Serao era figlia di un magistrato. Conseguì la maturità classica nel 1900 al liceo Gian Battista Vico di Napoli e nel 1904 si laureò in Giurisprudenza all'Università di Napoli con il docente di Scienze delle Finanze, Francesco Saverio Nitti, relatore della sua tesi. L'anno successivo vinse il concorso per il Ministero del Tesoro dove raggiunse i vertici della pubblica amministrazione divenendo nel 1927 direttore generale del Tesoro fino al 1928.
Sposò nel 1920 Luigia Alessandri di origine veneziana, da cui ebbe 3 figli Alessandro, Carlo e Alfonso. Partecipò alle trattative che portarono alla creazione della Banca dei Regolamenti Internazionali - BRI, di cui divenne consigliere. Nel 1928 venne nominato Direttore della Banca d'Italia e poi nel 1931 Governatore, alla morte di Bonaldo Stringher.
Nel 1936, per disposizione della la nuova legge bancaria, gli venne conferita la presidenza dell'Istituto Mobiliare Italiano, carica che mantenne fino al 1943, e del Consorzio per sovvenzioni sui valori industriali - CSVI che era diventato Sezione Autonoma dell'IMI. Nello stesso periodo fu anche presidente dell'Ispettorato per la difesa del risparmio. Nel 1940 subentrà alla presidenza del Crediop e dell'Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità - ICIPU, dopo le dimissioni di Alberto Beneduce.
Nel gennaio 1944 si trasferì al Nord in seguito al trasferimento della Banca d'Italia nella Repubblica Sociale Italiana. Al suo ritorno a Roma, dopo la liberazione, fu arrestato con l'imputazione di aver consegnato ai tedeschi la riserva aurea e fu condannato nell'ottobre 1944 dall'Alta corte di giustizia. Nel 1948 la sentenza fu annullata dalla Corte di cassazione.
personalità di rilievo
Stefano Siglienti
(Sassari, 17 gennaio 1898 - Roma, 5 aprile 1971)
Stefano Siglienti nacque da una antica famiglia della borghesia intellettuale della città: il padre Alberto, avvocato, e la madre Francesca Conti.
Si laureò in Giurisprudenza nel 1921 e poco dopo venne assunto al Credito Fondiario Sardo (CFS), partecipazione del Banco di Roma, dove lavorò prima a Sassari e successivamente a Cagliari.
Nel settembre 1924, si sposò con Ines Berlinguer, da cui ebbe quattro figli: Sergio, Lina, Laura e Francesca. Nel 1925, si trasferì a Roma dove divenne capo del servizio legale e nel 1938 fu nominato vice direttore generale dello stesso istituto.
Accanto all'attività professionale dimostrò un interesse vivace anche per l'attività politica. Nel 1929 fu tra i primi ad aderire al movimento clandestino Giustizia e Libertà fondato a Parigi da Emilio Lassu e da Carlo Roselli e tra i fondatori del Partito Sardo d'Azione costituito nel 1942, in cui confluirono molti esponenti antifascisti legati a Giustizia e Libertà e ad altri movimenti italiani; partecipò alle riunioni che portarono alla nascita del Comitato di liberazione.
Nel novembre 1943, durante l'occupazione tedesca a Roma, venne arrestato e portato a Regina Coel e poi assegnato ai lavori forzati sul fronte di Anzio. Nel marzo 1944 riuscì ad evadere con l'aiuto della moglie Ines.
Con la liberazione di Roma divenne Ministro delle Finanze nel primo governo Bonomi, in rappresentanza del Partito d'Azione e fu membro della Consulta Nazionale.
Nel marzo 1945 venne nominato Commissario Straordinario dell'Istituto Mobiliare Italiano (IMI), poi eletto presidente dell'Istituto nel dicembre del 1946, carica che mantenne fino alla sua morte nell'aprile 1971.
Nel settembre 1945 fu anche nominato presidente dell'Associazione Bancaria Italiana e nel 1949 presidente dell' Assicredito.
Nel dopoguerra ricevette diversi incarichi in istituti/enti, società e organismi di studio sia nazionali che internazionali: CNEL, INCE, BEI, Camera di Commercio Internazionale, Finmare, ISAP, ISLE, Federazione Bancaria CEE, SACN
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Diversi suoi scritti furono pubblicati sulla rivista dell'ABI "Bancaria" pubblicazione nata per sua iniziativa.
Commissario straordinario IMI da marzo 1945 a dicembre 1946 poi presidente dell'IMI dal dicembre 1946 ad aprile 1971.
personalità di rilievo
Silvio Borri
(Firenze, 1895 - Roma, 1992)
Silvio Borri nacque il 13 febbraio 1895 da padre Gaetano e madre Elvira Volpi.
Si laureò nel 1916 in Scienze Economiche e Commerciali presso l'Istituto Superiore Commerciale di Genova. Nel 1920 sposò Maria Pieraccini da cui ebbe 3 figli (Luisa, Enrico e Marcella). Nel 1917 venne assunto presso la Società Unione Commerciale Italo Nord Americana, dove rimase fino al 1923 quando la società fu messa in liquidazione, poi nel 1923 prestò il suo servizio presso la Latteria Soresinese. Nel 1924 si trasferì a Roma assunto nella Direzione Centrale del Banco di Roma, dove divenne capo della Segreteria Finanziaria, per poi essere nominato nel 1929 vice direttore.
Nel maggio 1932 fu assunto come dirigente all'IMI, dove si occupò inizialmente di attività operative, e nel 1942 venne nominato vice direttore generale dell'Istituto.
Nell'ottobre del 1943, fu costretto con l'Istituto al trasferimento al Nord nella Repubblica sociale italiana, dove si adoperò per la salvaguardia della consistenza patrimoniale dell'Istituto, tanto che nel dopo guerra Stefano Siglienti - riconoscendo il suo operato - nel 1946 lo nominò direttore generale, carica che ricoprì fino al giugno del 1968, quando decise di lasciare il servizio. Continuò però a dare il suo apporto come membro del Consiglio di amministrazione e nella sua veste di presidente del Comitato tecnico consultivo.
Nel dicembre del 1971, dopo la morte del presidente Stefano Siglienti e una breve presidenza di Paolo Baffi, fu nominato Presidente dell'IMI fino a quando gli subentrò nel 1975 Giorgio Cappon. Rimase comunque presidente onorario fino alla sua morte.
Ebbe diversi incarichi anche in diverse società del Gruppo IMI e numerose società ed enti industriali e finanziari, come nell'Olivetti, Finsider e Falck.
Collezioni artistiche
L'importante collezione di opere d'arte dell'Istituto Mobiliare Italiano, nato a Roma nel 1931, ha iniziato a prendere forma negli anni Cinquanta per motivi di committenza e rappresentanza legati alla sua sede di via IV Fontane, costruita tra il 1950 e il 1956. Originale esempio di dialogo tra architettura antica e moderna nel tessuto storico della capitale, il palazzo dell'IMI presenta dettagli decorativi di grande raffinatezza, come i maniglioni in bronzo realizzati dallo scultore Mirko Basaldella per le vetrate dell'atrio di accesso. Per questa e per le diverse sedi italiane ed estere sono state acquistate tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, opere di rilievo, tra cui un cospicuo nucleo proveniente dalla collezione dello storico dell'arte Giuliano Briganti. Nell'ambito dell'antico le scelte collezionistiche, spesso supportate dalla consulenza di Federico Zeri e dello stesso Briganti, hanno prediletto la pittura di paesaggio, la veduta e la scena di genere: da Marco Ricci a Giovanni Paolo Panini, da Jan Frans van Bloemen, detto l'Orizzonte, a Hendrik Frans van Lint, da Jacopo Bassano a Giovanni Sagrestani. Per quanto riguarda il Novecento, almeno in una prima fase, si sono orientate verso l'arte figurativa, come documentato dagli acquisti alle Biennali di Venezia del 1952, 1954 e 1956. In occasione dell'allestimento degli uffici e degli spazi di rappresentanza della nuova sede dell'IMI all'EUR nel 1970 è entrato invece in collezione un importante nucleo di sculture e dipinti di alcuni protagonisti dell'arte dal secondo Dopoguerra, tra cui Piero Dorazio, Arnaldo e Gio' Pomodoro e Toti Scialoja, scelti come contrappunti visivi alle linee architettoniche degli interni e allo stile moderno degli arredi. La formazione della raccolta è coincisa con il periodo della Direzione Generale di Silvio Borri, che appare aver indirizzato in alcuni casi gli acquisti, e della Presidenza di Stefano Siglienti, cioè con il momento di maggiore crescita e vitalità nella storia dell'Istituto Mobiliare Italiano.
bibliografia
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- Cristina Mitidieri, Istituto Mobiliare Italiano. Origine storica ed evoluzione operativa, Milano, CIRIEC, 1996;
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- Giorgio Lombardo, L'Istituto Mobiliare Italiano. Modello istituzionale e indirizzi operativi: 1931-1936, Bologna, Il Mulino, 1998;
- Giorgio Lombardo, L'Istituto Mobiliare Italiano, volume II, Centralità per la ricostruzione: 1945-1954, Bologna, Il Mulino, 2000;
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- Francesca Pino, Alessandro Mignone (a cura di), Memorie di valore: guida ai patrimoni dell'Archivio storico di Intesa, Milano, Hoepli- Intesa Sanpaolo, 2016.
fonti
Archivio storico Intesa Sanpaolo, patrimonio Istituto Mobiliare Italiano (ASI-IMI).