La Banca Popolare di S. Antimo venne costituita, come società anonima cooperativa a capitale illimitato, con atto dell'8 settembre 1890 (rogito Flagiello) e la denominazione di Banca Operaia di S. Antimo; lo scopo era «di procacciare il credito ai propri soci col mezzo della mutualità e del risparmio» (art. 2 dello statuto del 1890). Con delibera assembleare del 17 marzo 1901 la società cambiò la ragione sociale in Banca Popolare di S. Antimo ed estese la possibilità di erogare credito «in caso di esuberanza di fondi anche ai non soci» (art. 2 dello statuto del 1901). Nel maggio 1906 aprì una propria succursale nel vicino comune di Aversa, la cui attività si svolse principalmente nel campo del credito pignoratizio, e dal 1907 al 1912 erogò anche servizi di esattoria comunale; fu chiusa nel 1918, pare per l'insufficienza di personale. La zona in cui la Banca Popolare di S. Antimo operava era eminentemente agricola, dedita soprattutto alla produzione di canapa. Fra le principali operazioni trattate sia con i soci che con terzi erano da annoverare i prestiti cambiari, le anticipazioni su pegno e la raccolta di depositi fiduciari. Per decreto del Ministero del Tesoro del 17 giugno 1969 furono sciolti gli organi amministrativi della Banca e con provvedimento del Governatore della Banca d'Italia dello stesso giorno fu nominato un commissario e un comitato di vigilanza per la gestione straordinaria. La gestione straordinaria venne prorogata con decreto ministeriale del 17 giugno 1970 fino al 17 dicembre 1970. Trovandosi in liquidazione coatta amministrativa, la Banca Popolare di Napoli, con delibera del Consiglio di Amministrazione del 15 febbraio 1972 ne rilevò le attività e passività, ad eccezione dei crediti in sofferenza che furono rilevati dall'Istituto Centrale della Banche Popolari Italiane.