Monte di Pietà di Forlì

Emilia Romagna, Forlì

data di fondazione1511
data di fusione1948

Il Monte di Pietà di Forlì venne fondato nel 1511, dopo un primo fallito tentativo nel 1487. I capitoli statutari vennero approvati durante la seduta del Consiglio generale della città del 21 marzo, mentre il Monte iniziò a operare il 2 maggio seguente. Costituito su iniziativa di fra Orfeo Cancellieri, dell'Ordine di San Girolamo, otto anni più tardi ottenne l'approvazione pontificia da Leone X, che concesse privilegi e indulgenze ai benefattori dell'Istituto. Appena tre anni dopo la sua fondazione cominciarono i lavori per la costruzione di una degna sede: si scelse come luogo per l'edificazione il "guasto degli Orsi", l'area cioè occupata in precedenza dal palazzo della famiglia Orsi, fatto distruggere da Caterina Sforza per punire i partecipanti alla congiura nella quale venne ucciso il marito Girolamo Riario nel 1488. Conclusi i lavori nel 1646 il palazzo, situato nel cuore commerciale della città, fu da allora sede dell'Istituto. A tutt'oggi risulta piuttosto difficile tracciare una storia completa del Monte, dal momento che gran parte della documentazione andò distrutta durante la Seconda guerra mondiale. Inoltre già nel 1631, a causa di una grave crisi economica, il Monte fu costretto a vendere la "carta vecchia", ovvero una parte del proprio archivio storico. Anche i capitoli originari andarono perduti, tanto che nel 1604 si procedette alla revisione di quelli più antichi allora disponibili. Inizialmente affidato a cinque conservatori, alle dipendenze del Consiglio generale, a partire dal 1516 il Monte fu gestito da 24 curatori, appositamente scelti da ciascuna delle sei Compagnie dei Battuti presenti in città. Potenti, composte esclusivamente da cittadini benestanti, e spesso in conflitto fra di loro, le Compagnie godevano di un certo prestigio tra la popolazione per le loro opere caritatevoli, soprattutto nel settore ospedaliero. Le Compagnie, ognuna delle quali aveva una specifica mansione in campo assistenziale, traevano il loro nome dal colore della cappa che indossavano (erano perciò dette le Compagnie dei Battuti bianchi, neri, verdi, turchini, rossi e bigi). L'Istituto concedeva prestiti corrispondenti al massimo alla metà del valore del pegno, con un tasso d'interesse del 5%, poi sceso nel 1618 all'1,5%. Gli utili venivano impiegati principalmente nella formazione di doti da 60 lire ciascuna, "in maritar giovani dongelle povere [...] di bona vita et fama". Solidità finanziaria e buona reputazione permisero al Monte di ottenere nel corso degli anni numerosi lasciti da parte di ricchi cittadini, che gli consentirono di allargare notevolmente il proprio campo d'azione in materia assistenziale. Nel 1797 il Monte subì la confisca dei beni da parte delle truppe napoleoniche: a fronte di un danno di circa 165.000 scudi romani, successivamente l'Istituto ricevette un risarcimento di appena 17.000 scudi. Per effetto della legislazione napoleonica, agli inizi del XIX secolo venne assoggettato alla locale Congregazione di Carità, mentre nel 1813 fu costretto a interrompere le proprie operazioni per mancanza di liquidità. Solo con il ritorno a Roma di papa Pio VII e con il reintegro della Romagna nello Stato pontificio nel 1815, il Monte recuperò la propria autonomia amministrativa. Qualificato come Monte di seconda categoria, nel 1948 la Cassa dei Risparmi di Forlì lo incorporò, acquisendo anche la proprietà della sede.

relazioni

ente conservatore

bibliografia

- Associazione fra le Casse di Risparmio Italiane, Le Casse di Risparmio Italiane nel secondo venticinquennale della loro Associazione (1938-1962), Roma, Tipografia delle Terme, 1962, p. 187;
- Lucia Masotti, Il Monte di Pietà di Forlì, in Mauro Carboni, Maria Giuseppina Muzzarelli e Vera Zamagni (a cura di), Sacri recinti del credito. Sedi e storie dei Monti di pietà in Emilia-Romagna, Venezia, Marsilo Editori, 2005, pp. 263-277;
- Mauro Carboni, "Giova non poco allo splendore e al comodo di questa città". Profilo storico del Monte di Pietà, in Gabriella Poma e Luciana Prati (a cura di), Il Monte di Pietà. Palazzo di Residenza della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, Forlì, Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, 2007, pp. 33-43.

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